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INDUSTRIA 5.0

Da Industria 4.0 a Industria 5.0: una nuova opportunità la visione umano-centrica dell’Unione Europea

Nel corso degli ultimi 250 anni si sono succedute diverse rivoluzioni industriali, ed oggi siamo già nell’era dell’Industria 5.0, che vedrà una manifattura sempre più umano-centrica, sostenibile e resiliente, così come afferma il documento ufficiale dell’Unione Europea intitolato “Industry 5.0 – Towards a sustainable, human-centric and resilient European industry”.

Si comincia a parlare di Quarta rivoluzione industriale nel 2011, vedendo la fabbrica come luogo nel quale operano i cosiddetti sistemi ciberfisici (CPS), cioè sistemi fisici integrati con i sistemi informatici. Alla base di Industria 4.0 c’è sicuramente una diffusa sensorizzazione di sistemi di produzione e prodotti: ancora una volta, tecnologie già esistenti, giunte a maturazione e a un livello di prezzo tale da consentirne una diffusione capillare.

Con Industria 4.0 si sono affermate tecnologie avanzate come Cloud Computing, Information Technology, Internet of Things (IoT), Intelligenza Artificiale, ma anche realtà aumentata, Big data e robotica. Tale evoluzione tecnologica ha determinato la progressiva digitalizzazione dei processi industriali, sino a ridisegnare completamente il mondo del lavoro, senza prestare l’adeguata attenzione al ruolo dei lavoratori e alla transizione verso modelli di sviluppo più sostenibili, dal punto di vista sociale ed ambientale.

A soli 10 anni di distanza dall’avvio della quarta, si è cominciato a parlare di Quinta rivoluzione industriale. Il termine è stato anticipato da quello di Società 5.0, utilizzato da Keiju Matsushima, già a metà dello scorso decennio, convinto che dopo l’industria è la società a dover fare un salto in avanti, diventando “una nuova società intelligente, che assorbe le innovazioni della quarta rivoluzione industriale non solo per migliorare la produttività, ma anche per aiutare a risolvere problemi sociali”.

Il documento, redatto dalla Direzione Generale per la Ricerca e l’Innovazione della Commissione Europea, e firmato da Maija Breque, Lars De Nul e Athanasios Petridische, propone una nuova visione per il futuro: l’industria europea. deve trovare la capacità di conseguire obiettivi sociali, che vadano al di là della crescita e dell’occupazione, di diventare fornitore resiliente di prosperità, con una produzione rispettosa dei limiti del pianeta, ponendo al centro del processo produttivo il benessere dei lavoratori dell’industria.

Industria 5.0 è una Collaborative Industry, ossia un modello di impresa caratterizzato dalla cooperazione uomo-macchina, con l’obiettivo di dare un valore aggiunto alla produzione creando prodotti personalizzati che rispettino le esigenze dei consumatori e anche l’ambiente. Al centro del nuovo modello di produzione industriale ci sono: l’approccio human centric, la sostenibilità e la resilienza.

Approccio human centric: la tecnologia deve essere utilizzata per adattare il processo di produzione alle esigenze del lavoratore e i sistemi e le piattaforme non dovranno interferire con i diritti fondamentali dei lavoratori e devono rispettare la dignità umana.

L’industria deve essere sostenibile per rispettare i limiti del Pianeta, pertanto è opportuno sviluppare processi circolari che riutilizzino e riciclino le risorse naturali, riducano gli scarti e minimizzino l’impatto ambientale.

L’industria 5.0 dunque diventa uno strumento per garantire la resilienza ovvero la capacità di resistere e adattarsi al cambiamento, a situazioni avverse con risultati positivi.

Le sei tecnologie abilitanti per Industria 5.0, sono:

  • interazione uomo-macchina personalizzata;
  • tecnologie ispirate alla natura e materiali intelligenti;
  • gemelli digitali e simulazione;
  • tecnologie per la trasmissione, l’immagazzinamento e l’analisi dei dati;
  • intelligenza artificiale;
  • tecnologie per l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, lo stoccaggio dell’energia e l’autonomia.

Industria 5.0 pone l’uomo al centro del modello produttivo e questo aspetto più sociale e umano assicura che l’uso della tecnologia non violi i diritti fondamentali dei lavoratori, come il diritto alla privacy, l’autonomia e la dignità umana.

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